Via i brevetti per i vaccini

Via i brevetti per i vaccini

Via i brevetti per i vaccini


In questi giorni alcune case farmaceutiche hanno annunciato che cercheranno di distribuire in un’unica fiala sia il vaccino per l’influenza stagionale che quello per il Covid-19. Questo annuncio segna una importante svolta per quanto riguarda le strategie più idonee a combattere la pandemia.

La possibilità di fare un vaccino per il Covid-19, valido per tutte le future varianti, sembra sempre meno plausibile. Diventa probabile che i richiami possano avere una cadenza stagionale.
Per via delle loro continue mutazioni, i virus influenzali richiedono una organizzazione della ricerca e della produzione molto complessa. Diverso è il caso di altri vaccini come, tetano, polio, difterite o morbillo in cui non si ha bisogno di una continua attività di ricerca tesa a inseguire, e possibilmente anticipare, le mutazioni del patogeno.

La sospensione dei brevetti è stata vista come una eccezione, dovuta alle drammatiche circostanze della pandemia, a un sistema che altrimenti funzionerebbe grazie agli incentivi dovuti a brevetti e ad altre forme di proprietà intellettuale. Eppure è proprio vero il contrario. È la proprietà intellettuale che costituisce una rottura con il modo prevalente di fare ricerca e di produrre nel campo dei vaccini. I vaccini non sono stati finora brevettati e poco hanno interessato le case farmaceutiche private che trovano preferibile investire in medicine per malattie croniche che sono più lucrative proprio perché non esauriscono rapidamente la loro funzione. Proprio il caso dell’influenza stagionale è a questo proposito particolarmente interessante.

Come ha notato Amy Kapczynski la prevenzione e la produzione del vaccino per l’influenza coinvolgono, oltre alla Organizzazione Mondiale della Sanità, numerose istituzioni pubbliche di diversi paesi che costituiscono il Sistema Globale di Sorveglianza e Risposta all’Influenza (il cosiddetto Influenza Network). Si tratta di una modalità organizzativa caratterizzata da una scienza aperta con informazioni e ricerche rese prontamente disponibili all’interno delle istituzioni che ne fanno parte. L’Influenza Network fornisce due volte all’anno a società farmaceutiche accreditate presso la Oms i dati per produrre vaccino più idoneo a contrastare i ceppi influenzali previsti per la stagione seguente. Il sistema di scienza aperta si integra così con mercati aperti e concorrenziali e fa a meno di brevetti e di mercati monopolizzati.

L’Influenza Network è stata una delle prime iniziative della Oms fondato nel 1947. I primi anni di attività hanno coinvolto una generazione di scienziati che avevano ancora molto presente la terribile esperienza della influenza spagnola. Attualmente il Network include 140 Centri Nazionali per l’Influenza in 110 paesi che cooperano con dottori e ospedali locali per raccogliere dati sulla evoluzione della influenza. Questi dati sono inviati ai centri di ricerca situati a Memphis, Londra, Pechino, Tokyo e Melbourne che condividono tutte le informazioni anche con i Centri Nazionali. Rappresentanti dei Centri di Ricerca e dei Centri Nazionali si riuniscono poi, senza rappresentanti dei produttori, per concordare non solo il vaccino più idoneo contro le mutazioni della stagione ma anche i modi migliori per riprodurlo velocemente.

La veloce condivisione delle ricerche e la disponibilità delle conoscenze a tutti i produttori privati costituiscono un grande vantaggio dell’Influenza Network. Queste modalità di produzione della ricerca permettono di mettere a confronto in modo rapido, senza segreti e senza interessi privati ipotesi alternative sulla evoluzione della influenza. Gli incentivi che portano a questa continua produzione di conoscenza senza una sua appropriazione privata sono quelli che caratterizzano di solito le comunità scientifiche. Gli studiosi hanno spesso delle motivazioni intrinseche perché credono nella loro missione. Inoltre ci tengono a rendere rapidamente noti i risultati delle loro ricerche per poter rivendicare la priorità delle loro scoperte. Pubblicando i loro contenuti su riviste scientifiche essi migliorano la loro reputazione e progrediscono nelle loro carriere.

A dispetto delle tante narrazioni ideologiche di quanti sostengono l’impossibilità di produzione di conoscenza senza brevetti, un sistema di scienza e mercati aperti sta funzionando da decenni.
La sospensiva dei brevetti non va vista come una eccezione ma come un modo di resistere ai cambiamenti istituzionali che dagli accordi dei Trips del 1994 hanno sempre più ristretto lo spazio di scienza e mercati aperti.
Con il ForumDD nel marzo 2019 proponevamo che, per affrontare questo tipo di problemi, la partecipazione al Wto prevedesse una soglia minima percentuale di investimenti in scienza aperta. Il rafforzamento dei diritti di proprietà intellettuale, dovuta alla istituzione dei Trips come parte costitutiva del Wto, porta altrimenti ogni Stato, cooperando con le sue grandi imprese, a privilegiare una scienza sempre più chiusa e mercati sempre più monopolizzati. A ben vedere si tratta di una forma di concorrenza sleale che dovrebbe essere sanzionata proprio dal Wto. Peggio ancora questo tipo di politiche conduce sempre di più non solo all’ormai ben noto nazionalismo vaccinale ma anche, più in generale, a una visione sempre più conflittuale dell’appropriazione di tutte le ricerche scientifiche, come per esempio testimoniano gli scontri legati alla introduzione del 5G.
La crescente monopolizzazione dell’economia blocca sempre di più gli investimenti portando a quella che viene definita da alcuni economisti come una stagnazione secolare. Le conoscenze non richiedono solo investimenti ma sono anche un requisito importante per potere investire. Alcune imprese si trovano in un circolo virtuoso in cui proprietà intellettuale e investimenti si rafforzano a vicenda mentre altre si trovano in un circolo vizioso in cui gli investimenti sono disincentivati dalla proprietà intellettuale che a sua volta non viene acquisita proprio per via della assenza di investimenti. Non è un caso che viviamo in un mondo caratterizzato non solo da una forte stagnazione economica ma anche da crescenti disuguaglianze.
I brevetti sono uno strumento da usare con molta cautela. La loro trasformazione da privilegi di monopolio a diritti di proprietà simili a quelli che si possono detenere sui beni fisici costituisce una trappola ideologica da cui dobbiamo liberarci. La proprietà privata di un bene capitale fisico non impedisce ad altri di usarne uno eguale. La proprietà privata di una conoscenza impedisce a tutti gli altri di usare simili conoscenze. La sospensiva dei brevetti Covid-19 è un’occasione davvero preziosa per abbandonare una narrazione fuorviante

Molte delle critiche che sono state fatte a questa richiesta inizialmente (avanzata da India e Sudafrica e poi appoggiata timidamente anche dagli Usa) sono non solo strumentali ma anche contraddittorie. Si è sostenuto che la sospensiva dei brevetti sia insieme inutile e disincentivante. Ma se l’abolizione dei brevetti è inutile perché l’imitazione è impossibile allora non è disincentivante. Il monopolio resta all’inventore anche senza brevetto. E se i brevetti disincentivano l’innovazione, l’imitazione è evidentemente possibile e l’abolizione dei brevetti non è affatto inutile perché permette di espandere la produzione.

Forse in futuro ci faremo ogni anno un vaccino unificato influenza-Covid brevettato da una qualche casa farmaceutica. In questo caso non si sarà affatto tornati a un regime preesistente di proprietà intellettuale privata. Si sarà, invece, abbandonato un sistema di scienza e mercati aperti che ci ha aiutato a fornire per decenni a tutti quel bene pubblico globale che è la nostra difesa contro le epidemie. Se persino in questo caso avrà prevalso la tendenza alla monopolizzazione dell’economia c’è da essere ben poco ottimisti sugli altri casi.
* Economista, Foarum DD



Source link

Previous Inseguimento da film tra Nola e Cimitile: carabinieri arrestano 29enne

Leave Your Comment